“Il fuoco di Praga”, la vita di Jan Palach raccontata da Tiziana Menotti

Posted by arcafirenze on 8 Gennaio 2020 in |

Data / Ora
Date(s) - 08/01/2020
17:00

Luogo
CAFFÈ ASTRA AL DUOMO

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Mercoledì 8 Gennaio 2020

ore 17:00

  CAFFE’ ASTRA AL DUOMO

Firenze, Via de’ Cerretani, 56r

“Il fuoco di Praga”

La vita di Jan Palach raccontata da Tiziana Menotti

Approfondire la storia attraverso la testimonianza di chi ha contribuito a scriverla è senza dubbio interessante e accattivante, soprattutto se la narrazione è fluida e attinge da fonti storiche rigorose. E’ questo il caso della biografia di Jan Palach (Jan Palach – La vita, il gesto e la morte dello studente ceco, Schena, Fasano, 2019), scritta tra gli anni Settanta e Ottanta dal giornalista dissidente Jiří Lederer e pubblicata di recente in Italia per commemorare due importanti anniversari storici: i cinquant’anni dell’autoimmolazione dello studente ceco e il trentesimo anniversario della caduta dei regimi comunisti in Europa, tra cui quello cecoslovacco. Com’è noto, il crollo del totalitarismo rosso fu la conseguenza di un’onda rivoluzionaria che iniziò il 9 novembre 1989 a Berlino con la caduta del famigerato Muro e percorse tutte le nazioni guidate da governi filosovietici provocandone in breve la dissoluzione.

Il volume racconta la vita e gli ultimi drammatici giorni di Jan Palach (1948-1969), lo studente di filosofia che il 16 gennaio 1969 si immolò per scuotere la coscienza del suo popolo contro l’invasione sovietica, avvenuta nell’agosto 1968, che aveva posto fine al processo rinnovatore per un socialismo dal volto umano noto come Primavera di Praga.

Quale impatto può avere il gesto di un ventenne che arde davanti ai passanti che alle tre del pomeriggio di un freddo giovedì di gennaio camminano frettolosi in piazza Venceslao, il centro nevralgico di Praga, obbligandoli a fermarsi inorriditi? Che cosa vuole comunicare a loro e a tutto il Paese? Di certo non fu un suicidio dettato dalla disperazione, ma un atto dimostrativo, un evento shock pensato per stimolare la nazione a reagire allo stato di passività e di torpore in cui era sprofondata, “un appello alla lotta per una vita degna di uomini liberi, credendo fino in fondo nel destino naturalmente libero degli uomini e nel loro diritto naturale alla libertà” (dall’introduzione di A. Vitale). “Non sono un suicida” affermò Jan appena giunto in ospedale, volendo ribadire con queste parole che egli amava la vita, che avrebbe voluto vivere, studiare, lavorare, ma che era pronto a sacrificare tutto per il bene della patria che egli amava immensamente. “Il gesto di Jan Palach porta in sé un grande messaggio di speranza. Con esso voleva risvegliare le nostre coscienze, voleva protestare contro il nostro scetticismo e contro quello stato spirituale che si avvicina pericolosamente all’indifferenza” disse il parroco Jakub Trojan nel suo sermone durante il funerale del giovane a cui parteciparono 600.000 persone.

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